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31.10.2006
Fisica e musica al Festival di Genova

Anche la musica può contribuire a promuovere la fisica. Lo ha scoperto il pubblico del Festival della Scienza di Genova nell’incontro Superstrings, guidato con simpatia dal fisico inglese Brian Foster e dal violinista Jack Liebeck, già noto alla platea genovese per la sua partecipazione al Premio Paganini. Sulle note di Bach scorre la vita di Albert Einstein, da studente svogliato a inventore delle teorie della relatività, fino al Nobel del 1921. Pochi ricordano che il fisico tedesco era anche un grandissimo appassionato di musica. Suonava violino, organo e pianoforte; preferiva soprattutto Bach e Mozart. «Vivere senza suonare per me è inconcepibile», diceva, «vedo la mia vita in forma di musica». Foster analizza le teorie sulla relatività, ricostruendo i concetti fondamentali senza paura di mescolare fisica “alta” – come il continuum spazio-temporale – a esempi concreti che rendano le idee di Einstein: «il navigatore satellitare applica l’equazione della teoria generale». Tocca a Liebeck interrompere il filo della spiegazione con alcuni brani particolarmente apprezzati dallo scienziato: due suite di Bach, un capriccio di Paganini.

Ad Einstein non piaceva che l’alea di imprevedibilità della meccanica quantistica mettesse in crisi la teoria della relatività. «In effetti», ammette Foster, «sono incompatibili. La relatività non funziona su scala molto piccola, cade nei processi subatomici». Il fisico tedesco spese inutilmente gli ultimi anni della sua vita a cercare una nuova teoria che consentisse una descrizione unitaria dei fenomeni naturali. Oggi le cose si sono ulteriormente complicate: le particelle elementari conosciute sono un centinaio, dall’elettrone ai meno noti bosone, gluone, tau-neutrino. «Di alcuni non è stata ancora trovata la massa, ma sappiamo che esistono». E in questo panorama è tornato d’attualità l’anelito einsteiniano di una teoria complessiva: «per riuscirci dobbiamo integrare la gravità nel “modello standard” e cercare di far rientrare le piccole dimensioni nel continuum spazio-temporale». Una soluzione potrebbe arrivare dalla teoria delle superstringhe. Per spiegarla Foster prepara un esperimento di “cucina quantistica”. Prende un colino e setaccia della farina: «gli elettroni, come particelle puntiformi, passano solo attraverso fori di piccole dimensioni». Ma se, anziché essere puntiformi, le particelle fossero microscopiche strutture, dalle dimensioni vicine alla cosiddetta lunghezza di Planck (10-33 cm), che vibrano in modo diverso? Avremmo le superstringhe, che lo scienziato-cuoco ribattezza immediatamente “superpasta”: «gli elettroni sarebbero pennette, i fotoni conchiglie, i bosoni fusilli». E la gravità? «Spaghetti!». E la pasta, dimostrazione alla mano, non passa attraverso il colino. «Certo, per far funzionare la teoria l’universo dovrebbe avere almeno 10 o 11 dimensioni», sorride Foster. Che poi tranquillizza il pubblico: «sto parlando di dimensioni che devono essere molto piccole, simili alle superstringhe». Il sogno di Einstein potrebbe avverarsi alla fine del 2008, quando a Ginevra diventerà operativo il nuovo acceleratore LHC: manderà un fascio di protoni ad una velocità dieci volte superiore rispetto a quella consentita dagli strumenti odierni, in un condotto portato a soli due gradi sopra lo zero assoluto, «il posto più freddo della galassia, simile a come doveva essere tutto prima del Big Bang. Se la teoria è giusta, dovremmo trovare nuove particelle». E se non le trovate? «Vorrà dire che la teoria era sbagliata», conclude con understatement tutto britannico Foster. Poi imbraccia il violino e chiude l’incontro con un duetto sulle musiche di Boccherini: le superstrings (“strings” in inglese indica anche gli strumenti ad arco) sembrano davvero vicine.




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Bilancio 2006
Più di 60.000 biglietti venduti, 250.000 presenze agli oltre 350 eventi nelle 90 sedi del Festival...
Il Festival della Scienza ringrazia il pubblico e dà appuntamento al 2007, per una nuova edizione in nome della "Curiosità".