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6.11.2006
Uomini e volatili, comportamenti e facoltà cognitive a confronto

Quanto sono intelligenti gli animali? «Dipende dal tipo di intelligenza di cui si parla», spiega Giorgio Vallortigara, professore di Neuroscienze comportamentali e Cognizione animale presso la Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Trieste. Domenica 5 novembre, alle ore 16, in una gremitissima Aula Scirocco dei Magazzini del Cotone, lo studioso, introdotto da Telmo Pievani, ha svelato aspetti poco noti del comportamento animale, che potranno dare un contributo importante anche alla comprensione dei meccanismi che regolano il funzionamento del cervello umano.

«Molte delle mie indagini - ha affermato Vallortigara – vengono condotte su gruppi animali ritenuti cognitivamente umili, come gli uccelli e in particolar modo le galline. Ma esistono casi sorprendenti di animali che esibiscono capacità percettive tali da surclassare quelle di un qualsiasi essere umano». Lo studioso porta l’esempio della nocciolaia di Clark, un volatile in grado di produrre mappe spaziali così estese e precise da riuscire a ricordare a settimane di distanza la posizione di migliaia di frutti nascosti in un bosco, senza bisogno di ricorrere all’olfatto. «Nella migliore delle ipotesi noi umani potremmo recuperarne una decina - precisa lo studioso - Esistono dunque intelligenze “mirate”, che rispondono a particolari esigenze».

Un altro processo mentale in cui gli uccelli sono molto abili è il completamento spaziale di un’immagine, e cioè il riconoscimento di una sagoma parzialmente offuscata o nascosta da un altro oggetto: «anche noi siamo in grado di farlo bene, ma solo dopo il primo anno di vita. Moltissimi animali sono già abilissimi appena nati; del resto si tratta di una facoltà indispensabile per riconoscere i predatori e darsi subito alla fuga». Si è anche dimostrato che una specie di ghiandaia americana, simile alla nocciolaia, non solo è in grado di ricordare la posizione di moltissimi oggetti, ma anche di capire quali fonti di cibo nascoste recuperare, in funzione del lasso di tempo trascorso dal loro seppellimento. Alcuni alimenti prediletti dal volatile, infatti, deperiscono velocemente. «Se passano molte ore la ghiandaia recupera solo alcuni cibi e ignora gli altri, senza neppure investigare. Un processo complesso che implica la cognizione del tempo trascorso. Anche noi possiamo eguagliare queste prestazioni - continua Vallortigara - ma solo se siamo dotati di carta e penna e prepariamo una mappa. Ovviamente è questo il nostro grande vantaggio, l’utilizzo di strumenti e ragionamenti che fungono da “protesi” mentale».

Piccioni e galline sono inoltre in grado di produrre sorprendenti inferenze transitive, ovvero di trarre conclusioni. «Le galline, per esempio, mangiano con un particolare “ordine di beccata” - spiega Vallortigara - che prevede che gli individui dominanti si alimentino per primi e gli altri via di seguito, in ordine di forza. Quando una nuova gallina arriva nel gruppo e sconfigge l’individuo più forte gli altri non la sfidano, perché comprendono la loro inferiorità. Anche questo è un passaggio mentale articolato, ottenuto senza ricorrere al linguaggio». Vallortigara continua: «in gruppi complessi, come la nostra società, il linguaggio diventa indispensabile per effettuare passaggi come questo. Ma si è visto che forme di pensiero piuttosto sofisticate, come quelle di cui si è parlato, possono avvenire anche in assenza di un linguaggio simile al nostro».



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