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4 novembre 2008
Norman Doidge: Il cervello infinito

Nello studio delle neuroscienze si fa strada un nuovo approccio che si basa su quella che gli psichiatri chiamano rivoluzione neuroplastica. A parlare di questa nuova frontiera nello studio del cervello umano è stato Norman Doidge - ricercatore in psichiatria e psicoanalisi al Columbia University Psychoanalytic Center di New York e presso la University of Toronto - in una lectio magistralis intitolata Il cervello infinito, lunedì 3 novembre nella Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale.

La conferenza è stata introdotta da Cosimo Schinaia - psichiatra e psicoanalista, primario del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL3 Genovese - che ha fatto luce sul concetto di proprietà neuroplastica del cervello: «la tesi di Norman Doidge sostiene che il cervello sia plastico, nel senso di malleabile e propenso a modificarsi. Mentre un tempo si pensava al cervello come a una macchina le cui parti, una volta danneggiate, non erano più recuperabili, oggi si è dimostrata l’attivazione di aree non specializzate che compensano il deficit delle aree soggette a lesioni».

Ma come mai ci si è accorti di questa caratteristica del cervello solo adesso? Norman Doidge ha ripercorso le tappe storiche che hanno portato alla scoperta della neuroplasticità cerebrale da parte di Micheal Merzenich: «l’idea del cervello come macchina è stata un prodotto della visione meccanicistica della natura, portata avanti dalla fisica galileiana». Il protagonista principale della biologia meccanicistica è stato Cartesio: «sosteneva che il funzionamento del sistema nervoso era simile a quello venoso. I nervi erano considerati come una pompa, una macchina».

Gli studi di Broca, Wernicke e Penfield sulla mappatura delle aree del cervello, in base alla quale a ogni funzione corrisponde una sede precisa, sono troppo rigidi: «non sto dicendo che la genetica non abbia un ruolo, ma non bisogna lasciarsi inghiottire dalla visione meccanicistica della localizzazione delle funzioni. Questi scienziati ritenevano che il cervello fosse plastico solo nel bambino, in realtà esso non smette mai di modificarsi».

A questo proposito, Norman Doidge ha fatto riferimento ad alcuni casi di persone che “hanno cambiato il loro cervello”: l’esempio più eclatante è quello di un uomo colpito da ictus che aveva recuperato completamente le funzioni motorie e del linguaggio, nonostante il 97% delle aree del cervello deputate al movimento fossero fuori uso: «il cervello è in grado di formare nuove connessioni, di riorganizzarsi e di operare anche forme di sostituzione sensoriale, determinate dall’interazione con l’ambiente esterno».

La conclusione a cui è giunto Norman Doidge è che sia possibile, attraverso la psicoanalisi, senza uso di farmaci o di interventi, aiutare le persone affette da deficit cerebrali a operare le giuste trasformazioni: il motto è use it or loose it, usalo o lo perderai. «Come diceva Socrate: è possibile esercitare l’organo del pensiero così come gli atleti esercitano il loro corpo».

Genova, 4 novembre 2008



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