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3 novembre 2008 Nati per credere: perché l’uomo è affascinato dal soprannaturale?
Introdotti dal direttore del Festival Vittorio Bo, Telmo Pievani, Giorgio Vallortigara e Vittorio Girotto hanno presentato domenica 2 novembre presso la Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale il loro libro Nati per credere, un viaggio all’interno della psiche umana per comprendere i processi cognitivi che impediscono la completa assimilazione della teoria dell’evoluzione di Darwin. Scritto a sei mani da un filosofo della scienza (Pievani), un neuroscienziato (Vallortigara) e uno psicologo cognitivo (Girotto), sulla spinta di un’insoddisfazione di fondo sulla questione dell’origine delle credenze, il libro si interroga sulla resistenza umana ad accettare l’evoluzione naturale.
Telmo Pievani riprende una lettera che Charles Darwin scrive in pieno fervore evoluzionistico, il 21 settembre 1871, all’amico Thomas Henry Huxley, in cui annuncia che “sarà una lunga battaglia anche quando saremo morti e sepolti, perché grande è il potere di fraintendimento”. Lo stesso Darwin, fin dal principio, è quindi consapevole della complessità della questione e sembra mostrarsi indulgente verso chi non capirà.
In effetti, la battaglia è oggi più viva che mai. Telmo Pievani, agguerrito sostenitore dell’evoluzionismo, cita Richard Dawkins, che sostiene che “il nostro cervello sembra sia stato progettato per fare fraintendere il darwinismo” e fa un esempio: «Quando l’occhio umano osserva il fuoco, il suo funzionamento è talmente raffinato che è difficile accettare che sia stato creato per selezione naturale». La perfezione della specie è sostanzialmente insuperabile per l’immaginazione. Negli Stati Uniti, dove la battaglia è infuocata, il creazionismo non è più solo un movimento religioso e gli argomenti della disputa sono oggi esattamente gli stessi di un secolo e mezzo fa.
In un articolo comparso su L’osservatore Romano, Fiorenzo Facchini sostiene che “la teoria evoluzionista è razionale solo nel momento in cui l’uomo è disposto ad accettare che non vi sia una finalità”. Al contrario, ribatte Pievani, l’evoluzione è storia di unicità. Anche gli evoluzionisti hanno fatto fatica ad abbandonare uno schema lineare: il sì all’evoluzione è sempre un sì condizionato dall’idea che ci sia una direzione nella storia. L’uomo è in pratica nato per credere, vive per credere e l’assioma che la credenza sia caratteristica di un pensiero infantile mentre il non credere appartenga alla maturità è illusionistico. Gli esseri umani sono costantemente condizionati, per questo bisogna accettare i vincoli del pensiero.
Giorgio Vallortigara, docente di Neuroscienze Cognitive presso l’università di Trento, delinea i tratti comuni delle credenze soprannaturali più diffuse: «Ogni cultura è caratterizzata da tratti tipici, come l’esistenza del creatore o l’idea della vita post mortem». In pratica, la religione ha sempre funzionato da collante sociale. Ma dove sta il fondamento delle credenze? Vallortigara tenta di risalire, attraverso l’analisi di processi cognitivi infantili, alla radice dello sviluppo della cognizione causa-effetto nella mente umana. La contrapposizione tra Jung e Kant è esemplare: mentre il primo sostiene che l’uomo impari la casualità attraverso correlazioni spaziotemporali, per Kant la percezione è immediata, primitiva, originaria. Tesi che Vallortigara sviluppa con esempi di psicologia intuitiva infantile, che dimostrano la capacità dei bambini di dieci mesi di cogliere l’inferenza e di separare gli oggetti fisici da quelli animati. Questa contrapposizione ha una conseguenza basilare nel bambino: gli permette di sviluppare il dualismo intuitivo, ovvero la capacità di accettare l’idea di corpi senz’anima e anime senza corpo. Quando l’età avanza, se si chiede a un bambino che a causa della pioggia vede scomparire le cavallette da un campo di grano il perché sia successo, questi risponderà che qualcuno le ha fatte scomparire. L’uomo è un irriducibile cacciatore di intenzioni.
Vittorio Girotto, docente di Psicologia Cognitiva presso l’università IUAV di Venezia, si domanda quali possano essere i vantaggi sociali ad avere credenze religiose. In occasione del ricevimento della riconoscenza di Canonico d’Onore in San Giovanni in Laterano, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha affermato che “nella trasmissione dei valori e nell’apprendimento della differenza tra il bene e il male, il maestro non potrà mai rimpiazzare il curato o il pastore”. Studi sociologici differenti portano a conclusioni discordanti: se Jonathan Haidt negli Usa riscontra un legame stretto tra credenza religiosa e fonti di moralità, Hilary Putnam associa a una maggiore diffusione del clericalismo in Italia un minor senso civico. Girotto ritiene che non esista una società dove non ci sono mutui scambi e empatia verso chi sta male e a dimostrare la sua tesi porta esempi di comportamento infantile: a due anni infatti il bambino è già in grado di reagire al dolore manifestato da altri, anche estranei. Il giudizio quindi è già strutturato a due mesi, ed è disinteressato, non appreso. Girotto porta anche l’esempio animale dell’interazione tra due scimpanzé e della loro naturale solidarietà. In sostanza, solo gli esseri umani hanno un addestramento secolare morale. Sarkozy avrebbe forse dovuto dire che sia il maestro, sia il curato, sia il pastore apprendono la moralità.
Genova, 3 novembre 2008
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