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3 novembre 2008
Giorgio Bellettini: Quando le particelle si scontrano

Domenica 2 novembre, presso l’Aula Polivalente di San Salvatore, Giorgio Bellettini - professore di Fisica Generale all’Università di Pisa e tra i massimi esperti di fisica subnucleare - ha partecipato al Festival della Scienza con una lectio magistralis dal titolo Quando le particelle si scontrano. Per la platea si è trattato di un affascinante viaggio nella storia dei collisionatori adronici e delle scoperte raggiunte grazie a queste macchine negli ultimi quaranta anni di ricerca sulle particelle elementari.

Dagli ISR (Intersecting Storage Rings) degli anni Settanta, che provocavano la collisione protone-protone, agli SPS (Super Proton Synchrotron) che nel decennio successivo fecero scontrare protoni e antiprotoni con una produzione di energia dieci volte superiore, per arrivare fino agli anni Novanta e agli esperimenti effettuati al Tevatron di Chicago, che portarono alla scoperta del sesto quark, o quark top. «Il quark top conclude le tre doppiette che formano il Modello Standard», ha spiegato Giorgio Bellettini. «Questo fino a quando non si scoprirà l’esistenza di altre particelle: in quel caso la natura ci insegnerà quello che dobbiamo fare».

Supportato da grafici e formule matematiche, Giorgio Bellettini ha definito e spiegato concetti tecnici come quelli di sezione d’urto o di luminosità di un collisionatore, passando in rassegna alcune delle grandi scoperte precedenti il quark top, tra cui quella che consegnò a Carlo Rubbia e Simon Van Der Meer il Nobel per la Fisica nel 1984: la scoperta delle particelle W e Z.

Bellettini è quindi giunto al recente LHC (Large Hadron Collider) del CERN, grande protagonista sulle pagine dei giornali, chiuso lo scorso ottobre per un incidente, con previsione di riapertura per l’autunno 2009. Si tratta di un anello di magneti di 27 Km di circonferenza dove i protoni collidono a una energia pari a 15.000 volte la loro massa. Una macchina avveniristica che dovrebbe aiutare gli scienziati a scoprire finalmente il cosiddetto bosone di Higgs.

Tuttavia, anche se questa particella venisse scoperta, molti quesiti rimarrebbero ancora irrisolti: «i valori delle masse dei quark e dei leptoni non sarebbero comunque spiegati, ma Higgs potrebbe dare conto della materia oscura: la velocità di rotazione delle galassie a spirale è troppo veloce e incompatibile con la distribuzione delle stelle visibili al loro interno. Devono esistere oggetti massivi non luminosi entro le galassie».

Quello che accadrà a partire dal 2009 nell’LHC è una collisione protone-protone a 14 TeV (cioè 14 mila miliardi di elettronvolt, l’unità di misura base utilizzata nella fisica delle particelle): «sarà un mini Big Bang in cui le particelle che vissero a quel tempo potranno rinascere per un istante. Quello che gli scienziati sperano di capire dalla sperimentazione con l’LHC è l’origine della massa delle particelle per completarne lo spettro. Senza dimenticare, naturalmente, la possibilità di scoprire fenomeni ancora sconosciuti».

Per quanto riguarda le recenti polemiche allarmistiche sull’eventualità, legata agli esperimenti nell’LHC, della creazione di un buco nero, Giorgio Bellettini ha rassicurato il pubblico in sala: «queste ipotesi non c’entrano niente con la realtà. Gli esperimenti all’interno dell’acceleratore sono simulazioni di fenomeni cosmici accaduti in passato e che tuttora avvengono, solo che adesso abbiamo l’opportunità, per la prima volta, di studiarli in laboratorio».


Genova, 3 novembre 2008



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