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1 novembre 2008 ABSTRACT Luisa Corrado: Crescita economica e benessere individuale
La ricerca del benessere individuale è connaturata all’uomo fin dagli albori della civiltà. Aristotele proponeva il criterio dell'eudamonia, parola greca tradotta in italiano normalmente con felicità. Ma che, secondo alcuni studiosi, come Amartya Sen e Daniel Khaneman indica la autorealizzazione personale e interpersonale. Kant proponeva quello assai più rigido della felicità come adempimento del puro dovere riflettendo, in parte, l’impostazione protestante del lavoro come mezzo di realizzazione delle proprie ambizioni. In generale, a partire dalla rivoluzione industriale e fino ai nostri giorni si è associato il concetto di benessere individuale alla soddisfazione delle proprie esigenze individuali e alla massimizzazione del reddito personale.
In effetti, è molto semplice assumere che un aumento del reddito determini un aumento dei livelli benessere individuale. Se così fosse quasi tutti i Paesi Europei, che dal dopo guerra ad oggi hanno registrato un sostanziale incremento del reddito reale pro-capite, dovrebbero registrare un visibile aumento del livello di benessere. Purtroppo, così non è. Nel 1974 Richard Easterlin, noto economista, ha elaborato il cosiddetto paradosso della felicità, in base al quale, benché i livelli di reddito pro-capite nei Paesi industrializzati siano aumentati notevolmente rispetto a 50 anni fa, il livello di felicità è aumentato di poco o addirittura è rimasto costante. Nelle economie dei Paesi industrializzati non è il reddito assoluto che aumenta il benessere individuale, ma il reddito relativo, cioè un aumento del mio reddito rispetto a quello degli altri. Questo processo di competizione sociale, l’affermarsi di modelli di consumo difficilmente raggiungibili assieme a scarso capitale sociale spiegano congiuntamente questi risultati.
Per capire cosa influenzi il livello di benessere questo lavoro di ricerca sviluppa tecniche di analisi su dati stratificati che raccolgono informazioni a livello individuale, familiare, sociale, regionale e nazionale. E’ una struttura informativa piramidale che riflette le teorie di Abraham Maslow, Daniel Khaneman e di Ed Diener la quale ci permette di capire quale sia il livello di aggregazione (individuale, familiare, sociale o istituzionale) che influenza maggiormente il benessere individuale. E in che modo le caratteristiche e i comportamenti di chi ci e’ attorno possano influenzare le nostre risposte emotive, le nostre attitudini sociali e, in ultimo, il livello di benessere.
La ricerca considera i dati della World Value Survey per capire le differenze tra i vari Paesi e, in particolare, il rapporto tra crescita economica e benessere individuale nei Paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo. E capire quale è il livello critico di aggregazione nei vari casi. È sufficiente una struttura familicentrica (come quella italiana) per incrementare i livelli di benessere? Tale struttura è particolarmente vincente nei casi di economie in via di sviluppo e in via di transizione. Grazie alla forza dei legami familiari e interpersonali, Paesi come il Messico hanno un livello di soddisfazione medio più alto degli USA a discapito del reddito pro-capite più basso. Mentre in altri casi, come quello dei Paesi Scandinavi, a redditi più alti corrispondono (come è lecito attendersi) livelli di soddisfazione maggiori. Il punto cruciale è che nei Paesi industrializzati la componente economica per produrre livelli di felicità maggiori deve essere associata ad alti livelli di capitale sociale. Definire il concetto di capitale sociale non è semplice, ma in prima battuta può essere definito come il grado di coesione e di fiducia sociale e istituzionale degli individui. Quanto maggiore è questo collante invisible tra persona, società e istutuzioni tanto maggiore sarà il livello di benessere individuale.
Se si considera la situazione in Europa, una mappatura dei livelli di soddisfazione a livello regionale nell’Europa a 15 che utilizza i dati della European Social Survey su più di 20000 individui intervistati, indica l’esistenza di una chiara divisione geografica in termini di benessere tra Europa del Nord e Paesi del Mediterraneo. Ovviamente il reddito è una delle componenti che influenza il livello di benessere individuale, e purtroppo una delle note dolenti è che i Paesi del Mediterraneo sono fanalino di coda in termini di crescita del reddito (reale) pro-capite. Ma, oltre a questa mancata componente economica, tra le altre variabili che contribuiscono ad influenzare i livelli di soddisfazione degli abitanti dei Paesi europei vi sono quelle relative al diverso livello di capitale sociale. Inoltre, molti altri fattori sono risultati importanti tra cui il tipo di società in cui si vive, il grado di inclusione nella stessa e la qualita’ dei rapporti interpersonali in ambito familiare, sociale e lavorativo.
In generale, si riscontra una differenza nella distribuzione geografica del benessere tra uomini e donne nelle varie classi di età. Le donne riportano livelli di soddisfazioni maggiori nei Paesi del Nord Europa. E in genere rispetto all’età si riscontra come giovani ed anziani siano più soddisfatti e felici delle generazioni intermedie. Anche in questo caso però, se analizziamo l’andamento tra i diversi Paesi, si riscontra una dinamica diversa tra Paesi del Nord e del Sud Europa. In particolare, nel Sud Europa la dinamica rispetto all’età è rovesciata con giovani ed anziani mediamente meno soddisfatti delle generazioni intermedie. E’ importante capire come la forza delle interazioni sociali e il diverso livello di capitale sociale nelle varie aree geografiche in Europa influenzino questi risultati. E come interventi e politiche di sostegno possano rafforzare queste reti invisibili fatte di fiducia e cooperazione reciproca in modo da migliorare il livello di benessere percepito dai singoli individui.
Luisa Corrado
Professore Associato di Economia Internazionale presso la Facoltà di Economia all’Università di Roma Tor Vergata.
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