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1 novembre 2008
Delphine Grinberg e Wendy Pollock: la scienza si impara giocando

Secondo il luogo comune, scienza e divertimento non vanno a braccetto. Uno stereotipo che il Festival della Scienza ha voluto smentire con il contributo di due ospiti, Delphine Grinberg e Wendy Pollock, che venerdì 31 ottobre hanno riproposto la filosofia e l’approccio dei science centers, i musei scientifici dove la scienza è gioco e i visitatori vengono coinvolti in attività interattive dirette, secondo il principio che è più facile apprendere ciò che coinvolge e appassiona.

Delphine Grinberg, autrice di testi divulgativi per ragazzi, curatrice di mostre ed exhibit nei musei scientifici e attualmente impegnata al Palais de la Découverte di Parigi, ha fatto letteralmente lavorare il pubblico della Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale. «Il bambino è lo scienziato perfetto», ha esordito. «Osserva, sperimenta e quindi si chiede il perché di ciò che vede. Mescola gioco e osservazione, per questo non va lasciato solo: la sua esperienza deve essere organizzata, ma non bisogna nemmeno sostituirsi a lui».

Dalle parole, Grinberg è passata ai fatti, invitando gli spettatori a partecipare a una serie di esperienze scientifiche senza limitazioni d’età. Bambini, ragazzi del liceo e adulti si sono quindi alternati ai tavoli, alle prese con cannucce e piramidi di legno, accompagnati dai consigli e dalle spiegazioni di una istruttrice preparata, vivace, estremamente coinvolgente.

Pochi minuti dopo, nella stessa sala, è stata la volta di Wendy Pollock. La divulgatrice americana, membro dell’organizzazione internazionale Association of Science-Technology Centers, ha raccontato la storia dei science centers: non strutture tradizionali o semplici raccolte di oggetti, ma luoghi pubblici dedicati al divertimento e all’interattività, in cui il visitatore può osservare, sperimentare, fare domande per comprendere fino in fondo i fenomeni proposti negli exhibit scientifici e nei quali «le esperienze ci sfidano e ricompensano, ci incuriosiscono e ci fanno perdere la cognizione del tempo, costringendoci a rallentare».

Una slow science, insomma, che seguendo la stessa filosofia che contrappone lo slow food al fast food, ci permette di educare i nostri sensi: odorare, toccare, gustare e così conoscere e conoscerci. Wendy Pollock ha illustrato i principi fondamentali della slow science che sono alla base dei moderni musei e science center: coinvolgere i membri della comunità, non solo come pubblico ma come protagonisti; evitare le trappole della “fatica museale”, permettendo ai visitatori di sedersi per partecipare agli esperimenti; stimolare i sensi e la convivialità (per esempio attraverso esperienze “multiutenti”); rispettare la diversità e operare in modo ecosostenibile, al fine di «riunirci come esseri umani per una causa comune».

Genova, 1 novembre 2008




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