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30 ottobre 2008
Jean-Didier Vincent: Viaggio straordinario al centro del cervello

Ingredienti per un bel viaggio: una meta affascinante, magari esotica, e un compagno con cui intraprenderlo. Mercoledì 29 ottobre la lectio magistralis di Jean-Didier Vincent, docente all’Istituto di Neurobiologia del CRNS e membro dell’Académie des Sciences, ha accompagnato il pubblico del Festival della Scienza in un viaggio al centro del cervello che ha potuto contare, senza alcun dubbio, su entrambi gli ingredienti.

Vincent, uno dei maggiori neurobiologi al mondo, ha raccontato un universo poco esplorato, eppure straordinario, sgombrando inizialmente il campo da alcune leggende metropolitane («i giornali dicono che grazie alla TAC possiamo leggere il pensiero: non è così, ma è vero che possiamo vedere il cervello in azione») e da una simbologia decisamente sorpassata («gli innamorati continuano a incidere sugli alberi dei cuori trafitti da una freccia, mentre dovrebbero incidere un cervello; tra l’altro disegnare un cervello è anche più facile che disegnare un cuore»).

Proseguendo nella metafora del viaggio, Vincent ha informato il pubblico a proposito del “clima” del cervello. «Raggiunge i 37°, una temperatura che però varia durante la giornata: verso le tre del mattino scende seguendo il ritmo del cosiddetto orologio circadiano. Il cervello è abitudinario: se il suo orologio viene sfasato, compaiono disturbi come accade con il jet lag».

Coniugando rigore scientifico e una spiccata capacità di trascinamento, Vincent è passato da un tema all’altro con grande facilità: dall’ippocampo dei tassisti di Londra (che pare essere particolarmente sviluppato per garantire una più efficace mappatura spaziale, confermando così l’elasticità del cervello) al cervello che si “costruisce” su basi genetiche ma anche grazie all’esperienza («se un bambino non sente pronunciare una parola da nessuno tra gli otto mesi e i cinque anni, non potrà mai imparare a parlare»). Senza dimenticare un un omaggio a Freud: «aveva capito che il sogno è una finestra aperta sui meccanismi non coscienti del cervello». Dopo aver affrontato le questioni relative a gusto e olfatto, il neurobiologo si è concentrato sul piacere e sulla sofferenza: come ci si abitua ad entrambi? La spiegazione sta nel principio dei processi opposti.

Percorrendo le “vie dell’amore”, Vincent ha quindi spiegato cos’è l’ossitocina, un ormone che ha un ruolo fondamentale nello stimolare l’attaccamento (in particolare, quello che le donne provano nei confronti dei figli), ma che è anche legato all’orgasmo: «io sostengo che si debba fare molto l’amore, per garantire la fedeltà di coppia», ha commentato. Il viaggio si è concluso alla dogana della corteccia frontale, «una sorta di gendarme che stabilisce cosa è bene e cosa è male. Quando è lesionata può capitare che un operaio tranquillissimo si trasformi in un delinquente incallito e che un senatore americano salti addosso in pubblico alla moglie di un ambasciatore, senza avere il minimo sospetto di fare qualcosa di sconveniente».

Genova, 30 ottobre 2008




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