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29 ottobre 2008
Paolo Giordano: Una scrittura intrisa di scienza

«Benedetto Croce ai primi del Novecento separa le scienze dalla cultura, ma nella letteratura italiana ci sono esempi di scienziati che si sono distinti nelle lettere: per Italo Calvino, il più grande letterato italiano fu addirittura Galileo Galilei. Il Festival della Scienza da sempre promuove la commistione e il dialogo tra differenti forme di creazione». Esordisce così il direttore del Festival Vittorio Bo, presentando Paolo Giordano, fisico, autore del best seller La solitudine dei numeri primi, vincitore dei premi Strega e Campiello Opera Prima.

Martedì 28 ottobre, nella sala del Maggior Consiglio, il giovane autore torinese e il direttore del Festival hanno dibattuto sul significato dell’incontro tra letteratura e scienza. Galileo Galilei, nel Dialogo sui massimi sistemi, si era servito degli studi del matematico Simplicio per esprimere matematicamente la scrittura, paragonando lo studio fisico della linea all’arte della penna. Sensazione non del tutto dissimile a quella che ha Paolo Giordano quando osserva i display digitali, quelli che in città indicano l’ora e i gradi: «Quando sono spenti, si intravedono tutti i segmenti necessari per costruire i numeri, le linee, le parole. L’unione dei segni è qualcosa che sento quando scrivo: ho un rapporto fisico con le pagine, desidero riempirne gli spazi precisamente fino a un punto definito. Un altro aspetto è la mia calligrafia, mi diverto a cambiarla, non è ancora definita».

La difficoltà dei rapporti reciproci tra scienze e letteratura ha portato in numerose opere di Calvino, Levi e Gadda ad allargare l’aspetto tecnico, restringendo gli aspetti narrativi. La solitudine dei numeri primi, al contrario, mette al centro proprio il racconto di una storia: quella delle vite di Alice e Mattia, che da bambini subiscono un trauma e la cui comune sofferenza li rende unici come i numeri primi, divisibili solamente per uno e per se stessi. Simili tra loro, vicini da principio, via via sempre più rari e destinati a non raggiungersi mai.

Vittorio Bo domanda quanto il Giordano autore, nella stesura del romanzo, abbia messo in secondo piano le sue ricchezze di studioso fisico. Giordano ribatte di sentirsi in difficoltà quando si discute sulla possibilità di far penetrare la scienza in letteratura: «L’uso della scienza nel mio romanzo è stato abbastanza funzionale. Personalmente distinguo tre livelli di penetrazione della matematica e della fisica nel mio modo di scrivere. Il livello zero è un livello metaforico, per esempio l’uso opportunistico dei numeri primi. Il livello uno è l’uso della matematica nelle strutture, nella simmetria delle storie di Mattia e Alice. Il livello due è l’uso della scienza nello stile linguistico: tutto è solo il necessario». La compenetrazione delle scienze nell’opera prima di Giordano è strutturale, il giovane autore denuncia la difficoltà nella letteratura italiana contemporanea di attingere precetti scientifici, al contrario della tradizione anglosassone, dalla quale è fortemente attratto.

Il tema del Festival della Scienza è la diversità, tema centrale all’interno de La solitudine dei numeri primi: «La diversità è scientificamente positiva, va protetta, è da tutelare», sostiene Giordano. «Socialmente invece può creare qualche ostacolo: “sentirsi diversi” può rendere più complesso il percorso di accettazione di sé e quello da parte degli altri». Il libro e la sua struttura essenziale, secondo il direttore del Festival, rapiscono il lettore, arrivando a bucare il video: «Il tema del male nella sua complessità è raccontato in maniera semplice». Paolo Giordano ribatte: «Vi è una forma comune di malessere nella profondità dei personaggi, che lo esternano in modi differenti, ma è come se tutti avessero un cubo nero in fondo allo stomaco». Leggere quella scatola vorrebbe dire comprendere il genere umano, pur tenendo conto – come insegna proprio il Festival della Scienza - che vi sono fenomeni semplicemente incomprensibili.

Genova, 29 ottobre 2008




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