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26 ottobre 2008
Etienne Klein: Il tempo non suona mai due volte

Non lascia nessuna speranza a chi sogna viaggi nel passato o nel futuro, Etienne Klein, intervenendo al Festival della Scienza domenica 26 ottobre. Nella sua lectio magistralis, lo scrittore e docente di fisica (è Professore all'Ecole Centrale di Parigi e direttore del Commissariato per l’Energia Atomica) ha ripercorso la storia del concetto di tempo nel corso dei secoli. Storia di un’eterna contesa tra fisica e filosofia, di grandi personaggi e grandi intuizioni, che però non hanno cambiato il nostro modo di “dire” il tempo.

«Il linguaggio è una delle trappole che incontriamo quando ci occupiamo del tempo», avverte Klein. «Già solo la parola si usa in frasi comuni e stereotipate che sono le stesse da secoli: Galileo, Newton, Einstein hanno cambiato lo status del tempo nelle equazioni, ma non nel nostro modo di parlare». Ne deriva che del nostro modo di parlare non ci possiamo assolutamente fidare, visto che ci vincola a pensare in maniera sbagliata al tempo. Del resto, è meglio se non ci fidiamo troppo neppure delle equazioni, che sono la seconda trappola: la rappresentazione del tempo attraverso una variabile matematica non esaurisce tutto ciò che su di esso possiamo dire. Per quanto riguarda quei filosofi che si chiudono in un sistema di pensiero con il quale pensano di risolvere il problema del tempo, secondo Klein stanno incappando nella terza trappola, soprattutto se il loro sistema non è collegato alle scienze positive (per esempio, la fisica).

Klein passa con chiarezza e semplicità da un filosofo all’altro, da uno scienziato all’altro, guidando il pubblico, accorso numeroso (molte le persone che hanno dovuto rimanere in piedi, nonostante la capienza della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale), in un excursus affascinante e complesso. Partendo dalla prima equazione nella quale compare la variabile “t” (Galileo), lo studioso spiega come Newton abbia imposto una visione secondo la quale tempo e spazio sono assoluti e un tempo lineare – per cui un istante non si può ripetere due volte – viene contrapposto a un tempo ciclico.

Passando per le dispute tra Newton e Leibniz, Klein annovera anche un pittore, Roman Opalka tra quanti deputati a spiegare, con la sua opera, l’irreversibilità del tempo. Dal 1965 Opalka dipinge tele sulle quali riporta una progressione di numeri primi, a partire dal numero 1: il progetto nasce da una riflessione basata sulla constatazione che il tempo non passa in base alle nostre emozioni e che ogni istante ha lo stesso valore degli altri. Dalla pittura alla filosofia, Klein introduce Kant e il principio di causalità (secondo il quale un fenomeno che dipende da un altro viene osservato sempre dopo quest’ultimo), che di fatto smentisce la possibilità di una circolarità del tempo e ha interpretazioni differenti a seconda della teoria fisica nel quale viene inserito: garantito dalla teoria lineare di Newton, viene solo apparentemente messo in crisi, ma di fatto confermato dalla relatività ristretta di Einstein.

E’ con la fisica quantistica che il principio di causalità viene dimostrato attraverso una formula matematica: merito di Paul Dirac, che negli anni Venti del Novecento scrive una formula allo stesso tempo quantica e relativista. «Ma al momento di risolverla si accorge che non rispetta il principio di causalità, per cui la riscrive inserendo questa variabile». Giunto alla soluzione, racconta Klein, Dirac si accorge che l’equazione dovrebbe prevedere l’esistenza di una particella negativa: «quando anni dopo si scoprirono i positroni, allora l’equazione di Dirac si rivelò esatta, dimostrando che il principio di causalità non era solo frutto di un ragionamento». E, soprattutto, dimostrando che «esiste qualcosa in cui proprio non si può viaggiare: il tempo».

Genova, 27 ottobre 2008




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