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27 ottobre 2008
Patrizia Caraveo: Le più grandi esplosioni del cielo

«Il cielo non è un luogo così tranquillo come lo si dipinge».
Con questa frase di Patrizia Caraveo, Dirigente di Ricerca all’Istituto Nazionale di Astrofisica, si potrebbero riassumere i contenuti di Le più grandi esplosioni del cielo, incontro del programma del Festival della Scienza che ha avuto luogo domenica 26 ottobre alla Sala Polivalente San Salvatore, coordinato dal Direttore dell'Osservatorio Astronomico del Righi, Walter Riva.

Tra le maggiori esperte a livello mondiale sui lampi gamma, le radiazioni emesse dalle stelle supernovae qualche attimo prima di collassare in una enorme esplosione, Patrizia Caraveo entra subito nel cuore della questione: «I lampi gamma sono difficili da percepire, ma una volta trovata la giusta posizione individuarli diventa più semplice: per un certo periodo di tempo sono l'emissione più forte che si possa notare in quella parte di cielo».

Caraveo racconta poi la storia piuttosto singolare di come ci si è accorti dell'esistenza di tali radiazioni: «Dopo il trattato di non proliferazione nucleare firmato da USA e URSS, nessuno dei due stati si fidava dell'altro e cominciarono entrambi a spedire in orbita satelliti per rilevare radiazioni gamma emesse da esplosioni nucleari sulla Terra. Presto si accorsero che esistevano fonti gamma extraterrestri molto più potenti. Per anni i lampi gamma sono stati un mistero assoluto perché non si riusciva a trovarne la posizione. Se infatti l'oggetto è vicino, può trattarsi di uno starnuto, un brillamento solare, ma se provengono da una stella a molti anni luce da noi allora significa che si è liberata una grande quantità di energia».

Per fortuna alcuni recenti programmi spaziali hanno permesso di portare notevolmente avanti la rilevazione dei lampi gamma. La missione della NASA Swift, in cui Patrizia Caraveo e molti altri ricercatori italiani hanno un ruolo importante, ha messo a punto un satellite capace di notare la posizione di un lampo gamma già dall'inizio e osservarne poi dettagliatamente l'evoluzione: «Con Swift riusciamo a vedere circa cento lampi gamma all'anno, a studiarli e a catalogarli. Alcuni si sono rivelati provenire da galassie lontanissime nello spazio e nel tempo, esplosioni avvenute poco dopo la nascita dell'universo. Altri invece arrivano dalle ipernovae, stelle grandi cinquanta volte il Sole che finiscono la loro vita e danno origine a buchi neri».

Ma perché studiare i lampi gamma? «Innanzitutto perché ci aiutano a capire l'origine e la storia dell'universo. Poi ci sono anche questioni di sicurezza: le radiazioni gamma danneggiano la ionosfera, disturbano le trasmissioni radio, distruggono l'ozono e cancellano ogni forma di vita. Oltre alla caduta di un asteroide, una delle possibili spiegazioni della scomparsa dei dinosauri può essere una forte emissione gamma da una vicina supernova. Quando questa collassa, infatti, emette un fascio di radiazioni gamma lungo una direzione ben precisa: il getto di energia. Trovarsi nella direzione di un tale getto sarebbe letale.
Per fortuna le probabilità sono molto basse, anche se ci sono alcune “sorvegliate speciali”, come Eta Carinae, una stella molto grande (cento masse solari) che ha già dato segni di cedimento e tra circa mille anni potrebbe collassare. Meglio non farsi trovare nei dintorni...

Genova, 27 ottobre 2008




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