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26 ottobre 2008 Giovanni Bignami: L'infinità e la diversità dei mondi
Esiste un'altra Terra nell'universo? È possibile trovare un pianeta nella nostra galassia in cui sussistano le condizioni per la nascita e lo sviluppo della vita? A queste domande ha dato risposta Giovanni Bignami, professore ordinario prima di Fisica generale all’Università di Cassino e dal 1997 di Astronomia all’Università di Pavia, nella sua lectio magistralis di sabato 25 ottobre nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, nell'ambito del Festival della Scienza.
Le tecnologie di oggi ci consentono di scoprire pianeti extrasolari, cioè che ruotano attorno a stelle diverse dal nostro sole. «Il titolo della conferenza l'ho preso in prestito da Giordano Bruno, spero però di non fare la stessa fine» ha esordito ironicamente l'astrofisico. «Lui fu il primo a teorizzare l'esistenza di altri mondi oltre il nostro e pagò con la vita. Ma si tratta ancora oggi di un argomento fondamentale su cui si è riusciti ad andare molto avanti».
Per spiegare la questione, Bignami, grande divulgatore e ospite affezionato del Festival, è partito da lontano, annunciando che il 2009 sarà l'anno internazionale dell'astronomia a quattrocento anni dall'invenzione galileiana del cannocchiale e tracciando una breve storia dell’osservazione dell’universo: «Tolomeo poneva il Sole tra Venere e Marte e considerava la Terra al centro di tutto. La sua visione era completamente antropocentrica, ma come astronomo non era male, considerati gli strumenti dell'epoca. Con Copernico si capì che l'uomo non era al centro dell'universo. Keplero e soprattutto Galilei ne diedero conferma, con l'invenzione del cannocchiale. Oggi, dopo quattrocento anni di osservazioni da terra e quaranta anni di osservazione dallo spazio attraverso sonde e satelliti, abbiamo un'idea precisa del nostro sistema solare. Questo ci consente di cercarne di simili, per trovare eventuali pianeti come la Terra. Il fatto di averne individuato uno nel 1995 fu un altro scossone al nostro antropocentrismo: potremmo anche non essere soli».
Sono stati due astronomi svizzeri, Michel Mayor e Didier Queloz, che attraverso la spettroscopia nell'ottico, hanno scoperto un pianeta orbitante intorno alla stella di tipo solare 51 Peg. Da allora il numero dei pianeti extrasolari individuati dagli astronomi è andato aumentando: oggi sono 313. Siamo però ancora lontani da un'altra Terra: «si tratta per lo più di giganti gassosi più simili a Giove o a Saturno che a pianeti rocciosi come Marte o Venere. Vengono scoperti, ad esempio, studiando le anomalie della luminosità delle stelle. Se questa cala periodicamente, può voler dire che un pianeta passa davanti».
Ma come si fa a trovare la vita su un pianeta senza poterci andare direttamente? Prima di tutto Bignami ha proposto la sua definizione di vita: «Un sistema chimico capace di autosostenersi e di subire un evoluzionismo di tipo darwiniano: riproduzione, mutazione, selezione naturale. I primi batteri che popolarono la Terra trovarono la giusta combinazione di metano, ossigeno, azoto e anidride carbonica. È questa quindi la formula da cercare altrove».
Come ultima spallata al geocentrismo, Bignami non ha escluso neppure che la vita sul nostro pianeta possa essere arrivata dall'esterno, attraverso le comete. La Missione Rosetta entrerà in contatto con una di queste nel 2014 e potremmo saperne di più. Intanto accontentiamoci delle immagini trasmesse dalle altre sonde spaziali, in cui la Terra non è altro che un lontano puntino tra gli anelli di Saturno, o dalla Voyager 2, che ha ormai lasciato il Sistema Solare e per la quale il nostro pianeta è solo più un piccolo segno blu.
Genova, 26 ottobre 2008
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