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25 Ottobre 2008 Dan Ariely: Prevedibilmente irrazionale
Perché nonostante l'uomo sia capace di progettare macchine sofisticate compie quotidianamente scelte irrazionali? Perché l'economia e i mercati si fanno influenzare dalle emozioni? Lo ha spiegato al Festival della Scienza di Genova Dan Ariely, economista comportamentale e protagonista della lectio magistralis di venerdì 24 ottobre nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.
Ariely ha iniziato a interessarsi del comportamento umano dopo una terribile esperienza: un'esplosione gli ha provocato ustioni in gran parte del corpo. Ma lui sdrammatizza: «Molti incominciano a pensare ai comportamenti irrazionali subito dopo il matrimonio, io invece ho iniziato dopo il trattamento subito dalle infermiere. Mi strappavano le bende con un gesto deciso, convinte che uno strappo mi avrebbe provocato meno dolore che uno lento. Io naturalmente non ero d’accordo, ma loro dicevano che da bravo paziente dovevo avere pazienza».
Il motivo di quella decisione lo comprese qualche anno dopo quando, all'università, una volta guarito, Ariely si mise a studiare questi e altri comportamenti irrazionali impegnandosi nell’economia comportamentale, una disciplina utilissima ma che, come lui stesso afferma, «dà una pessima idea dell'uomo, travolto da istinti, passioni e bisogni». Iniziò a compiere esperimenti di diverso tipo per valutare le reazioni delle persone al dolore ma anche ad altre situazioni comuni: dagli acquisti al supermercato alle più complesse situazioni finanziarie. Si accorse da subito che spesso chi prende decisioni ha un'esperienza considerevole e conosce la situazione, ma alla fine compie scelte irrazionali.
Per spiegare le sue teorie, Ariely sottopone il folto pubblico in sala ad alcune illusioni decisionali: tavoli apparentemente diversi ma uguali, colori ingannevolmente simili, sorprende tutti quando mostra un video in cui si devono contare i palleggi effettuati da alcuni ragazzi e poi chiede se qualcuno ha visto un gorilla mentre passava tranquillamente tra di loro. In pochi ci sono riusciti. «Perché noi siamo fatti così», dice, «e se commettiamo errori con il nostro senso più sviluppato, la vista, pensate che cosa può accadere con ciò in cui siamo meno bravi, come la finanza».
Lo scienziato spiega anche le differenze tra le nazioni nel dare il consenso alla donazione degli organi. Non ci sono diversità culturali o politiche, l'unica differenza sta nel modello cartaceo della dichiarazione: alcuni paesi chiedono di segnare se non si vuole essere inclusi nel programma, altri invece di segnalare se si vuole essere esclusi. Snocciola esempi di comportamenti irrazionali uno dopo l'altro, dagli assaggi delle marmellate ai fondi pensione: più opzioni si presentano al contraente, maggiore è il rischio di scelta irrazionale, di commettere un errore.
In economia le cose non sono poi così diverse: «È molto difficile calcolare la rata giusta per un mutuo. Di solito si calcola il massimo di ciò che ci si può permettere e ci si espone quindi a un rischio maggiore. Quando lavoravo alla Federal Reserve discutevo spesso con i miei colleghi per i mutui con rata a solo interesse. Per loro convenivano all'utente, perché gli lasciavano liquidità per altre spese e più flessibilità. Io sottolineavo che questa flessibilità si traduceva invece in ulteriori debiti con la carta di credito».
Un altro errore tipico è quello di non confrontare le cose con la stessa misura: vino, latte e caffè ad esempio non vengono considerati come il denaro: «spesso mettevo nel frigo per i miei studenti alcune lattine di Coca Cola. Spariva immediatamente. Ma quando ci mettevo un vassoio con sopra cinque dollari nessuno toccava i soldi... ». Probabilmente lo stesso è accaduto nei recenti tracolli finanziari: «chi lavorava alla Enron non era gente disonesta, ma per il solo fatto di non trattare direttamente denaro ma titoli, ha compiuto scelte irrazionali e ha imbrogliato».
Ariely conclude la sua lezione con una domanda: quando ci troviamo a dover decidere qualcosa, siamo più simili a Superman o a Homer Simpson? Se imparassimo a trasferire la consapevolezza delle nostre azioni nel mondo dell'economia, forse potremmo fare grandi passi avanti.
Genova, 25 ottobre 2008
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